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Nella pubblicità digitale le metriche sono fondamentali per valutare l’efficacia di una campagna. Tra queste, la viewability è una delle più utilizzate da inserzionisti ed editori.
Spesso viene confusa con la “visibilità reale” di un annuncio, cioè con l’attenzione effettivamente dedicata dall’utente al messaggio pubblicitario. Comprendere la differenza tra questi due concetti è cruciale per sviluppare strategie di monetizzazione più efficaci e per garantire agli inserzionisti risultati concreti.
Secondo lo standard definito dal Media Rating Council (MRC) e da IAB, un annuncio display viene considerato “viewable” se almeno il 50% dei suoi pixel è visibile sullo schermo per almeno un secondo consecutivo. Per i video, la soglia è di due secondi con il 50% dei pixel a schermo.
Questa metrica nasce dall’esigenza di distinguere gli annunci realmente visualizzabili da quelli che, pur caricati tecnicamente, non sono mai entrati nell’area visibile dell’utente (ad esempio perché posizionati troppo in basso e non scrollati). La viewability, quindi, rappresenta una condizione minima per poter dire che un annuncio “ha avuto la possibilità di essere visto”.
Se da un lato la viewability ha portato maggiore trasparenza, dall’altro non garantisce che l’annuncio sia stato davvero osservato. Un utente potrebbe scorrere velocemente la pagina senza soffermarsi, o avere la finestra del browser aperta in background. In questi casi l’annuncio risulta viewable, ma non genera alcuna attenzione reale.
Il rischio è che editori e inserzionisti si accontentino di una metrica tecnica che non riflette il comportamento umano. Per questo motivo negli ultimi anni si parla sempre più spesso di attention economy e di metriche che vadano oltre la semplice viewability.
Con “visibilità reale” si intende la capacità effettiva di un annuncio di catturare l’attenzione dell’utente. Non basta che l’annuncio sia caricato sullo schermo: deve essere notato, compreso e possibilmente ricordato. Alcuni indicatori di visibilità reale includono:
Tempo effettivo di esposizione: quanti secondi l’annuncio rimane realmente al centro dello schermo.
Posizione strategica: annunci above the fold o integrati nel contenuto hanno più probabilità di essere osservati.
Interazione: click, scroll, passaggi del mouse o interazioni con elementi rich media segnalano che l’utente ha dedicato attenzione.
Eye-tracking e metriche avanzate: in contesti sperimentali si utilizzano tecnologie che misurano il movimento oculare per valutare l’impatto reale.
In sintesi, la visibilità reale non è solo una condizione tecnica, ma una misura della qualità dell’attenzione.
Gli editori che si concentrano unicamente sulla viewability rischiano di sopravvalutare il valore del proprio inventario pubblicitario. Al contrario, lavorare sulla visibilità reale consente di offrire agli inserzionisti risultati più solidi e, di conseguenza, spazi premium con CPM più alti.
Per esempio, un annuncio posizionato in un articolo lungo ma inserito tra due paragrafi centrali può avere meno impression rispetto a un banner in fondo alla pagina, ma un tasso di attenzione decisamente superiore. Misurare e valorizzare questi aspetti è la chiave per distinguersi in un mercato affollato.
Per aumentare la probabilità che gli annunci siano realmente visti dagli utenti, gli editori possono adottare alcune strategie:
Ottimizzare il posizionamento: privilegiare aree ad alta attenzione, come l’inizio e il corpo centrale degli articoli.
Scegliere formati integrati: gli annunci nativi e i video in-feed si fondono meglio con l’esperienza di lettura, aumentando le chance di essere notati.
Ridurre il clutter pubblicitario: meno annunci, ma meglio posizionati, portano a più attenzione e a migliori performance.
Monitorare metriche di attenzione: strumenti basati su tempo di esposizione o interazione aiutano a capire se un annuncio è davvero stato visto.
L’evoluzione del mercato pubblicitario sta andando nella direzione di un modello basato sull’attenzione. Diverse piattaforme stanno già testando metriche come “Cost per Attention Second”, in cui il valore di un annuncio dipende non solo dal fatto di essere stato caricato, ma dal tempo effettivo in cui ha catturato lo sguardo del lettore.
Per gli editori questo significa prepararsi a una nuova fase della monetizzazione: non basterà più garantire viewability, ma sarà necessario dimostrare che gli annunci generano attenzione reale. Chi saprà misurare e valorizzare questa differenza avrà un vantaggio competitivo significativo.
La viewability è una metrica importante, ma non sufficiente. Rappresenta la possibilità tecnica che un annuncio venga visto, non la certezza che sia stato notato. La visibilità reale, invece, si concentra sull’attenzione e sull’interazione dell’utente, offrendo agli inserzionisti un quadro molto più vicino alla realtà.
Gli editori che imparano a distinguere queste due dimensioni e ad agire per migliorare la visibilità reale potranno offrire spazi pubblicitari più appetibili, rafforzare la fiducia degli inserzionisti e massimizzare i ricavi.
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