Per oltre un decennio, la pubblicità digitale ha vissuto grazie ai cookie di terze parti. Ma quel modello sta finendo con l’avvento delle normative sulla privacy. In questo scenario, il first-party data è diventato la nuova moneta dell’advertising digitale.
Cos’è il first-party data
Il first-party data è l’insieme di informazioni che un’azienda o un editore raccoglie direttamente dai propri utenti, con il loro consenso.
Può includere: dati di registrazione (nome, email, preferenze), comportamenti di navigazione sul sito o sull’app, cronologia degli acquisti o delle interazioni, risposte a newsletter, sondaggi o form, dati contestuali (tempo di permanenza, contenuti visualizzati, dispositivi utilizzati).
A differenza dei cookie di terze parti, questi dati non provengono da soggetti esterni, ma da una relazione diretta e trasparente tra utente e piattaforma.
Perché il mercato sta cambiando
Negli ultimi anni, i grandi browser, come Chrome, Safari e Firefox, hanno annunciato la progressiva eliminazione dei cookie di terze parti, in risposta alla crescente attenzione verso la privacy online.
Di conseguenza, brand e inserzionisti non possono più contare su sistemi di tracciamento anonimi e massivi.
Il focus si è spostato su un principio più sostenibile: la fiducia e la trasparenza nei confronti dell’utente.
Il first-party data rappresenta la risposta naturale a questa trasformazione, perché è privacy-compliant per definizione, consente profilazioni accurate basate su comportamenti reali, appartiene all’editore o al brand, che può gestirlo senza intermediari.
In altre parole, chi possiede il dato possiede il futuro dell’advertising.
I vantaggi del first-party data per gli editori
Per gli editori digitali, i dati di prima parte sono una risorsa strategica per valorizzare l’inventory pubblicitaria e ridurre la dipendenza dalle piattaforme esterne. I principali vantaggi includono:
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Targeting più preciso e contestuale: conoscere i lettori permette di offrire annunci realmente pertinenti, migliorando la user experience e il rendimento.
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Maggiore controllo e indipendenza: gli editori non devono più affidarsi a terze parti per il tracciamento o la profilazione.
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Monetizzazione diretta: dati di qualità consentono di creare segmenti premium e vendere spazi pubblicitari a CPM più elevati.
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Fiducia e trasparenza: gli utenti percepiscono una relazione più chiara e sicura con il brand editoriale.
In sintesi, il first-party data consente agli editori di tornare al centro della filiera pubblicitaria, diventando data owner e non più semplici inventory provider.

Dati e valore: come costruire un ecosistema sostenibile
Il valore del first-party data non sta solo nella raccolta, ma nella qualità del dato e nella capacità di attivarlo.
Per costruire un ecosistema efficace, gli editori dovrebbero seguire tre passaggi chiave:
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Raccogliere consapevolmente: creare esperienze in cui l’utente è motivato a condividere i propri dati — ad esempio, attraverso newsletter, contenuti premium o programmi di loyalty.
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Organizzare e segmentare: utilizzare CRM e Customer Data Platform (CDP) per unificare i dati provenienti da diverse fonti e creare segmenti di pubblico coerenti.
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Attivare e monetizzare: sfruttare le informazioni raccolte per campagne mirate, offerte personalizzate o partnership dirette con inserzionisti.
Un dato ben gestito non è solo un numero, ma un asset strategico che genera valore nel tempo.
Il legame con la pubblicità contestuale
Il ritorno del contextual advertising è strettamente connesso al mondo del first-party data. Le campagne basate sul contesto diventano ancora più efficaci quando sono arricchite da dati proprietari, come interessi, preferenze o storico di interazione.
In pratica, i dati di prima parte permettono di raffinare il targeting contestuale, garantendo campagne pertinenti senza violare la privacy. È un approccio “privacy-first” che unisce efficacia e sostenibilità, ideale per il mercato cookieless.
Il ruolo dell’AI nella valorizzazione dei dati
L’intelligenza artificiale gioca un ruolo cruciale nella gestione del first-party data. Algoritmi di machine learning possono analizzare pattern di comportamento, prevedere interessi futuri e ottimizzare la distribuzione degli annunci in tempo reale.
Per gli editori, questo significa poter offrire spazi pubblicitari personalizzati e dinamici, migliorando sia le performance che il valore percepito dagli inserzionisti.
Ma la tecnologia, da sola, non basta: serve una governance dei dati etica e trasparente, in linea con la fiducia che gli utenti ripongono nel brand.
Dalla privacy al valore
La grande rivoluzione del first-party data non è solo tecnologica, ma culturale. Segna il passaggio da una pubblicità basata sull’inseguimento dell’utente a una fondata sulla relazione diretta.
Chi investe in contenuti di qualità, community e fidelizzazione raccoglie dati in modo naturale e volontario.
Questi dati, a loro volta, diventano la base per strategie di monetizzazione più stabili, sostenibili e redditizie.
In un panorama sempre più regolamentato e frammentato, la fiducia sarà la vera valuta del marketing.
E il first-party data ne sarà la forma più concreta.
Conclusione
Il first-party data è molto più di una soluzione tecnica alla fine dei cookie: è la nuova infrastruttura dell’advertising digitale. Rappresenta un cambio di paradigma in cui l’attenzione, la trasparenza e la qualità del rapporto con l’utente valgono più di qualsiasi tracciamento anonimo.
Per gli editori, significa tornare protagonisti, costruendo valore attraverso le proprie audience e offrendo agli inserzionisti ambienti sicuri, rilevanti e misurabili.
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