Perché è importante conoscere la differenza tra brand safety e brand suitability

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Negli ultimi anni si è parlato molto di brand safety, ovvero la sicurezza del brand online. Ma oggi, con la crescente complessità del panorama digitale, emerge un concetto ancora più evoluto: la brand suitability, cioè la coerenza del contesto rispetto ai valori e all’identità del brand.

Comprendere la differenza tra questi due approcci non è solo una questione tecnica, ma una scelta strategica. È ciò che permette agli inserzionisti di proteggere la propria immagine senza rinunciare alle opportunità offerte da ambienti editoriali rilevanti e di qualità.

Cos’è la brand safety

La brand safety si riferisce all’insieme di pratiche e tecnologie volte a evitare che un annuncio pubblicitario venga mostrato accanto a contenuti ritenuti dannosi, offensivi o controversi.

Esempi classici includono la prevenzione di annunci accostati a:

  • contenuti violenti o espliciti;

  • notizie su disastri, terrorismo o crimini;

  • fake news o siti di disinformazione;

  • argomenti sensibili come politica estrema, razzismo o pornografia.

L’obiettivo è semplice: proteggere la reputazione del brand impedendo che venga associato a contesti negativi.
Le piattaforme programmatiche, gli ad server e le agenzie media utilizzano strumenti di filtro (blacklist, keyword exclusion, blocklist di domini) per evitare che le campagne finiscano in ambienti a rischio.

Tuttavia, questo approccio, pur necessario, ha un limite: tende a essere troppo restrittivo, escludendo spesso anche contenuti perfettamente legittimi ma che contengono parole “sensibili”.

Dalla sicurezza alla coerenza: nasce la brand suitability

La brand suitability rappresenta un’evoluzione naturale della brand safety.
Non si tratta più soltanto di evitare i contesti rischiosi, ma di scegliere quelli giusti, ovvero coerenti con il tono, i valori e il pubblico del brand. Mentre la brand safety risponde alla domanda “dove non voglio apparire?”, la brand suitability risponde a “dove voglio apparire per valorizzare la mia identità?”.

Un marchio che si occupa di viaggi, per esempio, potrebbe evitare di comparire accanto a notizie su incidenti aerei (brand safety), ma allo stesso tempo dovrebbe cercare di posizionarsi su articoli che parlano di esperienze sostenibili o mete emergenti (brand suitability). In sintesi:

  • Brand Safety = protezione dal rischio.

  • Brand Suitability = valorizzazione del contesto.

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Come si misurano e si applicano

Le due strategie utilizzano tecnologie simili (analisi semantica, intelligenza artificiale, machine learning), ma con obiettivi diversi.

  • Nella brand safety, i sistemi analizzano parole chiave e categorie per escludere determinati contenuti.

  • Nella brand suitability, invece, gli algoritmi valutano il tono, il sentiment e la pertinenza dei contenuti, per identificare quelli positivi e coerenti con il messaggio pubblicitario.

Questa evoluzione consente agli inserzionisti di aumentare la reach in ambienti sicuri ma anche rilevanti, migliorando il rendimento delle campagne e la percezione del marchio.

I vantaggi della brand suitability

Per gli inserzionisti e gli editori, l’approccio “suitable” offre vantaggi concreti:

  1. Maggiore efficacia delle campagne
    Gli annunci contestualizzati in ambienti affini al brand generano tassi di attenzione, ricordo e interazione più alti.

  2. Ottimizzazione del ROI
    Evitando blocchi eccessivi, la brand suitability consente di ampliare l’inventory disponibile, migliorando l’efficienza dei costi.

  3. Esperienza utente più coerente
    Gli utenti percepiscono gli annunci come parte naturale del contenuto, non come un’interruzione.

  4. Valorizzazione degli editori di qualità
    I siti con contenuti affidabili e curati diventano partner ideali per campagne “suitable”, attirando inserzionisti premium.

Il rischio del “brand safety overblocking”

Uno dei problemi principali della brand safety tradizionale è il cosiddetto overblocking: il blocco automatico di contenuti perfettamente sicuri, ma etichettati come rischiosi da sistemi troppo rigidi.

Ad esempio, articoli giornalistici su “violenza di genere” o “pandemia” possono venire esclusi, penalizzando gli editori che trattano temi socialmente rilevanti.

Il risultato è un paradosso: brand che evitano l’associazione con temi scomodi finiscono per apparire assenti dal dibattito pubblico, e editori di qualità che perdono entrate pur pubblicando contenuti etici.

La brand suitability, invece, mira a contestualizzare: distingue tra notizie negative e trattazioni giornalistiche autorevoli, permettendo di monetizzare senza compromettere la reputazione.

Brand suitability e tecnologia contestuale

La crescita della pubblicità contestuale ha accelerato l’adozione della brand suitability.
Grazie all’analisi semantica avanzata, le piattaforme sono in grado di comprendere il significato di un testo, il tono emotivo e persino l’intenzione dell’autore.

In questo modo, è possibile posizionare gli annunci solo dove il contesto è positivo e coerente con il messaggio del brand, senza bisogno di tracciare gli utenti tramite cookie.

Per gli editori, ciò significa poter offrire agli inserzionisti ambienti sicuri, coerenti e cookieless-ready — una combinazione ideale per la pubblicità del futuro.

Il punto di incontro tra editori e inserzionisti

L’equilibrio tra brand safety e brand suitability non deve essere visto come una scelta, ma come una collaborazione strategica.
Gli editori devono garantire trasparenza e qualità dei contenuti. Gli inserzionisti devono adottare strumenti di analisi capaci di distinguere tra rischio e contesto.

Quando queste due dimensioni si incontrano, il risultato è un ecosistema pubblicitario più sostenibile, in cui il brand si sente protetto e l’editore valorizzato per la propria credibilità.

Conclusione

Nel 2025, la pubblicità digitale non può più limitarsi a “stare lontano dai problemi”.
Deve imparare a scegliere con intelligenza dove e come apparire, costruendo relazioni autentiche con gli utenti.

La brand safety rimane fondamentale per proteggere la reputazione, ma la brand suitability rappresenta il passo successivo: l’evoluzione verso una pubblicità più consapevole, contestuale e di valore.

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